Reni e Sport
Abbiamo precedentemente detto che i reni, durante la attività fisica sportiva, rinunciano in parte alla loro quota di sangue e ossigeno per deviarla verso i muscoli interessati dallo sforzo. Ciò è possibile grazie alla loro capacità di autoregolazione circolatoria che permette di mantenere una pressione adeguata all’interno del rene necessaria per formare l’urina. Tuttavia, in alcuni casi, questo sacrificio renale si traduce in una sofferenza dimostrata dalla perdita di piccole quantità di albumina e, a volte, di globuli rossi nelle urine. Tali anomalie urinarie non sono indicatrici di malattia renale in quanto sono transitorie e il tutto ritorna nella normalità dopo circa 24-36 ore dallo sforzo fisico. Quindi è bene non eseguire un esame delle urine a poca distanza dalla attività sportiva.
Ora diamo per scontato che l’esercizio fisico quotidiano, ovviamente rapportato alla età della persona, è salutare in quanto migliora i valori pressori negli ipertesi, favorisce il controllo della glicemia nei diabetici, riduce la obesità, abbassa il colesterolo, e impedisce la formazione di quelle sostanze infiammatorie responsabili di un precoce invecchiamento dei vasi sanguigni. In sostanza si riducono tutti quei fattori di rischio renocardiovascolare responsabili di infarto ed ictus e di nefropatia correlata alla obesità.
Non esistono quindi controindicazioni assolute alla attività fisica sia nei pazienti con insufficienza renale o in dialisi, che portatori di trapianto renale; anzi l’esercizio fisico migliora anche lo stato nutrizionale a volte precario in questa tipologia di pazienti.
Voglio affrontare, in questo articolo, i seguenti argomenti:
la insufficienza renale acuta secondaria a disidratazione e ad una attività fisica intensa, specie nei soggetti non allenati.
Una attività fisica, specie se eseguita nei periodi caldi, comporta necessariamente una perdita di liquidi attraverso la sudorazione. Superati i meccanismi di compensazione da parte dell’organismo se non vi è un reintegro di liquidi si può andare incontro ad un abbassamento sia della pressione arteriosa sistemica che renale. In queste condizioni il rene mantiene le proprie pressioni al suo interno per formare l’urina. Ma se persiste la condizione di shock questo meccanismo compensatorio non è più sufficiente e il paziente va incontro ad una rapida caduta della funzione renale. Ciò è particolarmente più frequente in quei pazienti ipertesi trattati con una categoria di farmaci come i cosiddetti ace-inibitori e sartanici oppure in chi assume un antidolorifico appartenete alla categoria dei fans (farmaci antiinfiammatori non steroidei).
Diverso è il meccanismo della insufficienza renale acuta in quei soggetti che, se non adeguatamente allenati e reidratati, si sottopongono a sforzi fisici intensi e prolungati nel tempo come ad esempio la maratona.
In questi casi l’eccessivo stress muscolare comporta la distruzione delle cellule muscolari e conseguente liberazione nel sangue di una proteina chiamata mioglobina la cui funzione è quella di trasportare l’ossigeno all’interno della cellula muscolare fornendo così il carburante necessario a sviluppare la energia muscolare .
La mioglobina liberata nel sangue viene filtrata dai reni e agisce come un tossico diretto sulle cellule renali. Il soggetto noterà una rapida diminuzione dell’urina che assumerà un colore rossastro, tipo lavatura di carne e dolori muscolari.
Durante la seconda guerra mondiale, molte persone andarono incontro a questo tipo di insufficienza renale acuta per lo schiacciamento di masse muscolari durante i bombardamenti degli edifici oppure, come avvenne nella tragedia di stava, nella gente immersa nel fango per un tempo prolungato.
A presto, buona lettura.
Dott. Roberto Frizzi